I GIORNALI DI TRINCEA 1915 – 1918
Il 29 marzo
1918, predisposta dal Comando Supremo e firmata dal Colonnello Odoardo
Marchetti, Capo Ufficio Informazioni, usciva la Circolare 2293/S.I. Sezione “U”
dal titolo “Scambio reciproco dei giornaletti satirico- umoristici
e delle pubblicazioni per la propaganda patriottica fra le truppe” che
così recitava: «E’ definitivamente approvata la compilazione dei
giornaletti satirico-umoristici di Armata, da diffondersi fra le truppe il più largamente possibile. Ai quali, come
già si pratica, i militari saranno ammessi a partecipare. Simili giornali
potranno essere compilati anche da minori unità (questi con mezzi propri),
sotto la sorveglianza degli Uffici Informazione». Questa nuova e diversa
impostazione e conduzione della guerra mediante l’ausilio della propaganda, sia
nei confronti delle truppe operanti che verso il Paese, è uno spaccato di
Storia Patria fra i più interessanti, ma anche fra i meno noti che avrebbe
meritato nel tempo una trattazione più diffusa ed approfondita. Solo due testi,
nell’arco temporale di mezzo secolo, hanno sviluppato una disamina del
fenomeno, quello di Arturo Lancellotti, Giornalismo eroico, Ed. Di Fiamma, Roma
1924 e l’altro di Mario Isnenghi, Giornali di Trincea, Einaudi, Torino 1977.
In quanto
emanazione del Comando Supremo e diretta conseguenza dell’istituzione del
“Servizio P”, i giornali di trincea possono giustamente essere annoverati nella
sfera di importanti documenti storici oltrechè specifici strumenti di
propaganda e non solo mezzi di intrattenimento ilare
ed accattivante, sovente con pregnante valenza regionale. Ecco la
Propaganda; nel primo conflitto mondiale era totalmente assente l’idea che la
conduzione della guerra potesse essere condizionata da pressioni di
influenza psicologica da esercitare sia
sulla popolazione del Paese sia a sostegno delle proprie forze armate. Il
concetto di “guerra psicologica” era una branca sconosciuta per le Forze Armate
italiane ed il possibile interventi di sostegno si limitava a spiegazioni e/o
commenti del regolamento di disciplina. L’opinione pubblica, oltre a non avere
un potere ostativo nei confronti delle decisioni militari, era stata anche
condizionata dai dettami del R.D. 23 maggio 1915 n. 675 G.U. 128 straordinaria
– Provvedimenti in materia di stampa, che vietava la diffusione di notizie
militari non provenienti da fonti ufficiali e quindi assegnava al “Comando Supremo il monopolio delle notizie
sulla guerra italiana e ciò equivaleva, in linea di principio, alla possibilità
di orientare a piacimento la pubblica opinione, se l’intera operazione fosse
stata concepita per formare ed indirizzare il fronte interno. In realtà gli
obiettivi erano semplicemente repressivi…” ( …) Tutto poggiava sul presupposto
(ancora da dimostrare) di un atteggiamento naturalmente patriottico degli italiani una volta che il loro paese si
fosse trovato in guerra”. Antonio Sema: Cose piccole e Piccole cose –
Momenti e concetti della propaganda di guerra italiana nel primo conflitto
mondiale. (Articolo in «L’Arma della persuasione» - Edizione della Laguna –
Provincia di Gorizia - 1991, pag. 41).
Ad aggravare questa situazione contribuiva non poco il vigente sistema, nel
periodo, di analisi della corrispondenza e di censura postale quale conseguenza
del R.D. 23 maggio 1915 N. 689 G.U. 129 – Censura postale in caso di
circostanze straordinarie, che evidenziava l’estraneità dei soldati rispetto
alla guerra, la speranza di essere esonerati o destinati a servizi di retrovia,
il desiderio di pace indipendentemente dai destini e dai problemi riscontrabili
nei territori invasi; conseguenti a Caporetto, infatti, erano iniziate a circolare anche voci di smobilitazione.
La necessità
di intraprendere un’azione metodica e generale di propaganda che potesse
investire tutti i contesti della Nazione si prospettò quindi in Italia
solamente dopo la disfatta di Caporetto dell’ottobre 1917. Ribaltare la
situazione che presentava una negatività diffusa comportava quindi un
cambiamento strutturale sia d’ordine psicologico che di intervento di vigilanza
ed assistenza che partiva dal Comando Supremo per giungere «a cascata» sui combattenti e sulle loro
famiglie. In questo contesto si segnalano alcune Circolari, propedeutiche a
quella dell’istituzione dei giornali di trincea, anch’esse emanate dal Comando
Supremo che sono citate per larghe linee ma che meriterebbero, per il loro
contenuto, una trattazione più approfondita. Il 9 gennaio 1918 l’Ufficio
Informazioni del Comando Supremo istituiva un ”servizio di informazioni sul
morale delle truppe” con compiti di vigilanza per prevenire e reprimere la
propaganda antibellica e assistenza anche nei riguardi dei congiunti del
militare. Si trattava in pratica dell’istituzione del Sevizio I.T.O.
(Informazioni Truppe Operanti). L’1 febbraio 1918 veniva emanata la Circolare
1117/P, documento comunemente considerata quale iniziatore del Servizio P ; si
utilizzava questa dizione,
approssimandosi ai soldati, al fine di fornire un approccio apparentemente più
blando e meno invasivo rispetto al significato ed alle mire che il termine
“propaganda” poteva far immaginare.
Ritornando
alla circolare istitutrice dei giornali di trincea occorre sottolineare la
terminologia utilizzata nel contesto, «giornaletti»,
un diminutivo spregiativo a dimostrazione che nelle alte sfere delle Forze
Armate primeggiava un atteggiamento poco
consapevole circa l’effettiva utilità di questa forma di propaganda. La dizione
“Giornali di Trincea” è impropria in
quanto di trincea avevano soltanto la destinazione; inoltre il materiale già
esistente, inglobato nel medesimo argomento, identificato da Mario Isnenghi con
gli appellativi di micro giornali o proto giornali, ciclostilati o stampati a
poligrafo dalle unità minori, costituiva un fenomeno presente anteriormente al
1918. «Il carattere diverso di questi
minuscoli giornaletti – certamente comunque di “trincea” più degli illustri e diffusi
giornali ufficiali a grande tiratura dell’ultimo anno di guerra, spesso in
realtà veneziani, vicentini, veronesi o addirittura milanesi o romani – sta
appunto, oltre che nella modestia e precarietà dei mezzi (sono poligrafati, malamente battuti a
macchina con imprecisioni ed errori, a volte solo manoscritti in una sola
copia), in questa loro sia pure relativa e protetta spontaneità».
(Mario Isnenghi, opera citata pag. 45). Ricordiamo qualche titolo di queste
testate: «La Baionetta… et ultra»
organo della Brigata Emilia; «Resistere»,
organo della Brigata Volturno; «Il
Fante»,
della Brigata Catania; «Il Respiratore»,
organo del 94° Reggimento; «Il
Fifaus»,
del XIII Corpo d’Armata; «La Marmitta»,
della Brigata Barletta – 137° Fanteria; «La
Notizia al Fante», della Brigata Teramo; «La Buffa»; «La Bomba … a penna»; «Il Trentino»; «La Scarica»; «La Fifa»;
ecc.
Doveroso
inoltre segnalare, per riconoscer loro l’importanza e la giusta connotazione
fra i giornali per il soldato nati anteriormente a Caporetto alcuni fogli di
ispirazione religiosa. Uno dei primi fu “Mentre
si combatte” edito a cura della
Gioventù Cattolica Italiana recante la dicitura «Approvazione Ecclesiastica»,
era diretto da Egilberto Martire, pubblicò il suo primo numero il 6 giugno
1915. Terminata la guerra modificò il titolo utilizzando quello più consono di
“Dopo la Vittoria”. A settembre
dello stesso anno iniziava a Roma la pubblicazione del giornale “Il Prete al Campo” diretto da don
Giulio De Rossi. Conteneva brani tratti dal Vangelo, articoli sui Pontefici e
sui Santi e rubriche di vario argomento
e interesse fra cui una di carattere medico con nozioni di pronto soccorso e
un’altra intitolata «Si domanda… »
nella quale si rispondeva a quesiti vari come le esenzioni dal servizio
militare, le indennità spettanti ai preti feriti, su eventuali diritti
spettanti al cappellano militare. Giornali di minore importanza erano “Il Savonarola”, organo della
Federazione Studenti di cultura religiosa stampato a Torino che aveva un
atteggiamento polemico ed ostile nei riguardi del conflitto motivato dal motto «
Parlo audacemente perchè credo »; “La stella
del soldato”; “Il cuore di Gesù al
soldato”; “Vigilate”; “Fede nostra” di orientamento
protestante.
Ritornando a
parlare dei giornali oggetto della nostra esposizione, presumibilmente al fine
di evitare una dispersione di risorse e per ammantare le testate di una forma più pregnante di ufficialità, il
Servizio P favoriva e sollecitava l’emissione di un solo Giornale di Trincea
che avesse la rappresentatività di organo d’Armata. Il Colonnello Marchetti
aveva anche impartito disposizioni affinchè gli Uffici Informazione delle varie
armate si scambiassero i giornali inviando una copia ad Ubaldo Comandini,
Commissario Generale per l’assistenza
civile e la propaganda interna che stava a sua volta allestendo un giornale. Si
trattava de «La Giberna», un settimanale di otto
pagine, di umile formato, stampato su pessima carta giallastra e spugnosa con
la testata alternativamente in nero oppure in rosso. Essendo espressione
dell’Ufficio Propaganda interna non aveva una specifica rappresentatività ma si
rivolgeva all’Esercito in generale utilizzando anche toni paternalistici e
populisti. Tutte le nazioni in guerra
avevano i loro “giornali di trincea” specifici come ad esempio i «Journaux
du front», «La Presse du poilue», «L’Eco
des Argonnes», «Bulletin des armées»
oppure testate utilizzate all’occorrenza come «La Baïonnette» e
«Le
Rire Rouge» in Francia, in Germania con il «Simplicissimus» ed il «Lustige
Blӓtter»
che nella fattispecie aveva aggiunto Kriegs-Nummer con ulteriore numerazione;
il «Die
Muskete» in Austria¸ giornali che da tempo sviluppavano il compito
di vegliare sul morale dei rispettivi eserciti; in Italia, invece, solamente
all’inizio del 1918 apparve il giornale di trincea come strumento di propaganda ufficiale.
-
Sono un documento storico poiché hanno ricevuto
l’imput iniziale da parte del comando
Supremo con la Circolare istitutiva;
-
Sono uno strumento di Propaganda sia verso la popolazione
civile sia nei confronti delle truppe combattenti;
-
Sono, o possono essere considerati, la prima
forma di insegnamento alle masse.
Gli intenti
dei loro ideatori erano precipuamente quelli di esorcizzare il conflitto
cercando di affievolire la realtà cruda e drammatica e nel contempo
pubblicizzare, propagandare la guerra. Curiosa questa tesi ed anche rischiosa
non vertendo su comprovate ipotesi reali, ma intanto l’operazione era partita
lanciandosi in una sfida che poteva apparire fumosa, fuori da ogni logica,
impossibile, ossia quella di quasi «far amare» la guerra ed entusiasmarsi
talmente ad essa da accantonare i cupi pensieri. «La guerra è amara, addolciamola
con
l’allegria». Questa è la sintesi del messaggio-invito programmatico
lanciato da Ardengo Soffici ne “La
Ghirba” giornale di trincea delle Armate di Riserva (Vª e
IXª),
un condensato di buonumore e scanzonata filosofia della guerra ammantata da
interventi satirici e caricaturali volti ad esorcizzare l’incombente pericolo
di lasciare esattamente la ghirba, in gergo la propria vita, ai bordi delle
trincee. L’importanza di questa tipologia di pubblicazioni è comunque
dimostrato dagli ingenti capitali investiti nell’impresa e dalla pubblicazione
più o meno costante anche in periodi di crisi della carta che ebbe il suo picco
fra luglio ed ottobre 1918.
I collaboratori, oltre ai militari che si improvvisarono scrittori ed artisti, furono gli intellettuali, i letterati, i giornalisti sia nella zona di guerra che nel Paese, abili illustratori che si immersero in questa nuova iniziativa con prospettive, all’inizio, nebulose. L’arduo compito consisteva nel contribuire al sostegno psicologico del soldato e nel contempo promuovere la propaganda, intesa come diffusione delle informazioni al contrario di quanto sovente accadeva nei giornali austro-tedeschi che manipolavano notizie ed idee, evento constatabile sui periodici «Almanach illustré de la Gazette des Ardennes» edito a Charleville nel Belgio invaso ed occupato e su «La Domenica della Gazzetta» pubblicata ad Udine.
I collaboratori, oltre ai militari che si improvvisarono scrittori ed artisti, furono gli intellettuali, i letterati, i giornalisti sia nella zona di guerra che nel Paese, abili illustratori che si immersero in questa nuova iniziativa con prospettive, all’inizio, nebulose. L’arduo compito consisteva nel contribuire al sostegno psicologico del soldato e nel contempo promuovere la propaganda, intesa come diffusione delle informazioni al contrario di quanto sovente accadeva nei giornali austro-tedeschi che manipolavano notizie ed idee, evento constatabile sui periodici «Almanach illustré de la Gazette des Ardennes» edito a Charleville nel Belgio invaso ed occupato e su «La Domenica della Gazzetta» pubblicata ad Udine.
Alcuni nomi di
punta per rendere l’idea della collaborazione prestata alle rispettive testate:
abbiamo già accennato ad Ardengo Soffici ideatore e fondatore de “La Ghirba” che dirigeva «con
la penna e con il pennello» avvalendosi della
collaborazione di artisti del calibro di Giorgio De Chirico, Carlo Carrà, Guillermaz,
Giglioli, Attilio Mussino, De Mas e per il disegno della prima pagina del Sergente
Canevari e del caporale Aldo Zamboni. “L’Astico”, giornale della IXª
Divisione e della 1ª Armata con sede a ridosso del fronte. Prezzolini notò che
«L’Astico
fu il solo fra i giornali d’Armata che fosse scritto, composto e stampato tutto
da soldati e sotto il fuoco nemico».
Ricordiamo ancora “Le Fiamme” numero unico delle truppe d’assalto; “La Vittoria” numero unico della IIª Armata con le rilevanti illustrazioni di Aldo Mazza; “Il Razzo” giornale della VIIª Armata, in bianco e nero e dai contenuti semplici che ebbe come collaboratori gli illustratori Luciano Ramo, Mario Lucini, Muggiani, Ferruccio Ganassi, Tommaso Cascella. “La Voce del Piave” settimanale dell’XI° Corpo d’Armata, uscirono 29 numeri più un supplemento al numero 27. La pubblicazione continuò con il numero unico “La Voce del Tagliamento” datato 3 novembre ma uscito successivamente con l’indicazione Gorizia, Natale 1918. Solo la testata de La Voce del Tagliamento era firmata da Burattini, gli scritti erano generalmente non firmati mentre le illustrazioni erano disegnate da Giove Toppi, G. Vitelli, Gischiat (G. Schiatti). “L’Eco della Trincea” del XIV° Corpo d’Armata”; “Savoia” del XXVIII° Corpo d’Armata; “La Voiussa” diretta da Gino Perez per le truppe dislocate in Albania; “Il Ghibli” stampato a Tripoli; il “Sempre Avanti” organo del II° Corpo d’Armata in Francia, vi collaborarono Giuseppe Ungaretti e Erich K. Suckert (Curzio Malaparte) e per la parte grafica Golia (Eugenio Colmo), Faino, Leonetto Cappiello, Enzo Manfredini. “Il Montello” che si avvaleva della collaborazione di Massimo Bontempelli ed inoltre risentiva dell’esperienza futurista grazie ai disegni del pittore Mario Sironi ed agli scritti di Francesco Cangiulli. Terminiamo questa breve e non esaustiva carrellata con “La Tradotta” organo della IIIª Armata, testata caratterizzata dall’immagine di un fante a cavalcioni di una lumaca, autore Enrico Sacchetti.
Fu il più noto, il più diffuso ed ilo più letto giornale di trincea al fronte e nel paese. Concepito dal Colonnello Ercole Smaniotto, stampato a Mogliano Veneto e tirato in 52.000 copie, uscì dal 21 marzo 1918 all’1 luglio 1919 in venticinque numeri e tre supplementi. Si avvalse della collaborazione di grossi nomi sia per gli scritti che per la grafica: Renato Simoni, Riccardo Gigante, Gino Calza Bini, Arnaldo Fraccaroli, corrispondente di guerra del Corriere della Sera, Giuseppe Mazzoni, Umberto Brunelleschi, Antonio Rubino che diedero vita ad articoli, immagini, strisce e personaggi insuperati. Di Brunelleschi ricordiamo le immagini di leggiadre figure femminili che ebbero spazio sconosciuto negli altri giornali, tra i personaggi indimenticabili “Il soldato baldoria” creato da Fraccaroli, “Il caporale C. Piglio ideato da Rubino e ancora l’imboscato Apollo Mari, il nemico Max Pataten, tedescaccio ubriaco giorno e notte, il dott. Bertoldo Ciucca, inventore, nella sua inutile eterna lotta contro gli imboscati, il fante Mattia Muscolo. Gli interventi di questo protagonista, idealizzato ed assurto a prototipo del combattente italiano, procurano situazioni esilaranti ad effetto «domino», provocano terrore e sconcerto fra le file nemiche e sortiscono, attraverso la caricatura, lo scopo ultimo di sancire la superiorità del soldato italiano. Un rapido cenno meritano i giornali stampati nei campi di prigionia dove vigeva una certa libertà nonostante l’atmosfera non certo piacevole; infatti «L’Attesa» giornale dei prigionieri italiani a Dunaszerdahely pubblicò senza conseguenze anche caricature di ufficiali austriaci; parimenti «L’eco del prigioniero» periodico critico-letterario del campo di prigionia di Sigmundsherberg riuscì ad inserire l‘intero discorso “Per un eroe” di Gabriele D’Annunzio.
Quanto
all’impostazione, al contenuto dei giornali di trincea, non troveremo mai la
cronistoria di un combattimento, il resoconto di una battaglia dalle sorti favorevoli
oppure avverse, di un atto eroico o di codardia, di prigionieri catturati o di
perdite subite. Le impressioni di un cronista occasionalmente presente ad
azioni guerresche si potevano visualizzare soltanto nei quotidiani come
conseguenza e previo “placet” di istruzioni provenienti dal Comando Supremo,
(Art. 1 del R.D. 23 maggio 1915 n. 675);
nella letteratura di Trincea queste notizie erano assolutamente
inesistenti. Del resto i pochi eventi bellici rappresentati in maniera vaga e
frammentaria forniscono solo lo spunto per una caricatura, per una poesia, per
una trovata che possa, suscitando l’ilarità dell’occasionale lettore, ribadire
due concetti fondamentali: la propria forza e la debolezza dell’avversario.
Dopo i primi numeri, almeno nei giornali con edizioni più numerose, corroborati
anche dal conforto di successi militari che avevano riacceso la speranza e la
consapevolezza di poter ribaltare le sorti del conflitto, la riconquistata
fiducia veniva amplificata nel disegno, nella caricatura, nella satira,
nell’umorismo che permeava ogni foglio stampato. Le idee si tramutavano in
vignette umoristiche e canzonatorie forse più idonee a rappresentazioni
goliardiche studentesche che non a trattazioni delle tragedie della guerra. Era
anche necessario usare un linguaggio che si accostasse maggiormente alla scarsa
capacità intellettiva delle masse, che toccasse
vivamente il sentimento piuttosto che le ragioni del conflitto poco
sentite, una impostazione che privilegiasse immagini di grandi dimensioni con
colori vivaci e poco testo scritto in considerazione del fatto che la maggioranza dei soldati aveva poca
dimestichezza con la parola scritta e tantomeno con argomenti di una certa
levatura intellettuale vista la preponderanza di elementi semi analfabeti o
addirittura del tutto analfabeti. Furono messe a frutto anche le esperienze
derivanti dall’incremento di spettacoli per
le truppe delle retrovie che avvenivano più frequentemente rispetto a
tempi precedenti; era stato notato ad esempio, ed a noi forse parrebbe strano,
che il soldato prediligeva spettacoli di marionette ed a questo proposito erano
state stampate anche cartoline in franchigia con immagini di teatrini di
marionette.
Nessuna meraviglia nell’utilizzazione di una terminologia fanciullesca, in una formula da naturale osmosi adulto-bambino che veniva preso in prestito da parodie già collaudate dal «Corriere dei Piccoli», potrebbe essere la conferma di una tesi formulata da tanti che i nostri combattenti non erano ancora preparati dal punto di vista psicologico a cimentarsi in una guerra, specialmente prolungata e comportante logorio psico-fisico. La memorialistica e tutte le testimonianze disponibili concordano nel descrivere la partecipazione di una larga parte dei soldati italiani come dominata da passività e rassegnazione senza il dinamismo della consapevolezza delle motivazioni del conflitto. Passata l’euforia iniziale di una guerra breve e travolgente, non surrogata da ragioni concrete, restava soltanto la cruda realtà del logoramento in trincea, di assalti inutili e sconsiderati ed un compendio di vessazioni provenienti dai vertici militari che rendevano le condizioni di vita al di sopra della normale tollerabilità.
Nessuna meraviglia nell’utilizzazione di una terminologia fanciullesca, in una formula da naturale osmosi adulto-bambino che veniva preso in prestito da parodie già collaudate dal «Corriere dei Piccoli», potrebbe essere la conferma di una tesi formulata da tanti che i nostri combattenti non erano ancora preparati dal punto di vista psicologico a cimentarsi in una guerra, specialmente prolungata e comportante logorio psico-fisico. La memorialistica e tutte le testimonianze disponibili concordano nel descrivere la partecipazione di una larga parte dei soldati italiani come dominata da passività e rassegnazione senza il dinamismo della consapevolezza delle motivazioni del conflitto. Passata l’euforia iniziale di una guerra breve e travolgente, non surrogata da ragioni concrete, restava soltanto la cruda realtà del logoramento in trincea, di assalti inutili e sconsiderati ed un compendio di vessazioni provenienti dai vertici militari che rendevano le condizioni di vita al di sopra della normale tollerabilità.
Associati ai
giornali di trincea, pur avendo una diversa provenienza, in quanto giornali
austriaci di propaganda disfattista ,
ritroviamo alcuni foglietti in formato ridotto, stampati quasi esclusivamente
su una singola facciata, che venivano lanciati periodicamente sulle trincee
italiane con piccoli razzi inoffensivi, le ”Friedengranaten” oppure distribuiti
nelle province invase unitamente a manifestini, opuscoli e cartoline. Portano
tutti la data del 1918, tranne cinque edizioni del 1917 del foglio «Novità del giorno»,
privi di dati editoriali, ma con alcuni titoli che richiamavano la stampa
italiana, rivelano oggi una studiata intenzione di sottesa propaganda e
manipolazione delle notizie con l’intento di influenzare negativamente l’umore
delle truppe italiane. Si leggono, così, inviti alla pace, la felicità dei
Russi dopo la pace di Brest-Litowsk, la lentezza di intervento delle forze
americane, la tirannia inglese, ma anche terrificanti notizie, tutte
provenienti da “fonti autorevoli”, di
continue vittorie austro-ungariche, la forza degli Imperi Centrali e la
debolezza dell’Intesa. Tali materiali però non sortirono gli effetti desiderati
di influenzare molto i combattenti italiani.
Assimilabili a questi fogli, sempre
nel 1918, editi da «La Gazzetta del Veneto», stampata ad Udine, furono
pubblicati venti numeri del supplemento domenicale illustrato dal titolo: «La Domenica Della Gazzetta». Tale
supplemento nella veste grafica, nei caratteri della testata, e parzialmente
nel contenuto ricalcava, e volgarmente copiava l'originale supplemento
domenicale del «Corriere della Sera» dal titolo «La Domenica del Corriere», con
il malcelato intento di confondere i lettori. Nell'interno, in quella che
potrebbe essere definita come la «satira
della disinformazione», sono pubblicate alcune fotografie, con immagini e
didascalie artatamente distorte rispetto alla realtà, che rappresentano momenti
di occupazione agreste o intrattenimenti conviviali allegri e gioiosi,
allietati da presenze femminili, dei prigionieri italiani nei campi di
prigionia austriaca.
Tale non veritiera esposizione grafica
costituiva una trasposizione in senso geografico di similari notizie poste in
atto nel 1917 dai tedeschi sul fronte della Francia con il giornale in lingua
francese «La Gazette des Ardennes», pubblicata a Charleville nel
Belgio invaso ed occupato, ed il suo supplemento annuale «Almanach illustré de la Gazette des Ardennes pour 1917». Citiamo
alcuni esempi traendoli dall'articolo LA VIE AU CAMP DES PRISONNIERS DE GUERRE
(LA VITA AL CAMPO DEI PRIGIONIERI DI GUERRA) corredato dalla seguente presentazione:
Pour donner une idée authentique de la vie des prisonniers de guerre internés
en Allemagne, nous croyons ne pouvoir mieux faire que de soumettre à nos
lecteurs des extraits de lettres écrites par des prisonniers français . Les
photographies que nous ajoutons, ne manqueront pas de confirmer la véracité des
lettres. (Almanach de la Gazette des Ardennes 1917 - Charleville - pagine
da 23 a 32):
"...Tout marche bien ici, nous sommes bien traités et les authorités allemandes du camp font tout ce qu'elles peuvent pour adoucir notre sort. Nous ne pouvons que leur être reconnaissants..."
"... Quand nous sommes au camp, l'on joue aux cartes, aux dames ou on lit des livres, que des camarades de Paris, ou du centre, reçoivent. Quand il fait bon, nous allons sur le terrain, près du camp, prendre l'air; il y en a qui jouent au foot-ball, il s'est même formé des équipes par compagnie. Le dimanche après-midi nous pouvons aller voir le concert, car parmi nous il y a des bons violinistes. La ville de Chemnitz leur à loué des violons et la commandanture leur a réservé une place pour les répétitions et faire des concerts. Ces concerts sont faits au profit des maladies nécessiteux."
"...Nous sommes ici, dans une caserme superbe, situation excellente, chauffage central!!! Douches toutes les semaines; derrière la caserme une belle et grande prairie où nous allons nous promener, aussi l'état sanitaire ne laisse-t-il à desirer; la prevue c'est que depuis quinze mois nous n'avons eu qu'un décès sur 250 hommes, c'est en-dessous de la moyenne habituelle... "
"...Tout marche bien ici, nous sommes bien traités et les authorités allemandes du camp font tout ce qu'elles peuvent pour adoucir notre sort. Nous ne pouvons que leur être reconnaissants..."
"... Quand nous sommes au camp, l'on joue aux cartes, aux dames ou on lit des livres, que des camarades de Paris, ou du centre, reçoivent. Quand il fait bon, nous allons sur le terrain, près du camp, prendre l'air; il y en a qui jouent au foot-ball, il s'est même formé des équipes par compagnie. Le dimanche après-midi nous pouvons aller voir le concert, car parmi nous il y a des bons violinistes. La ville de Chemnitz leur à loué des violons et la commandanture leur a réservé une place pour les répétitions et faire des concerts. Ces concerts sont faits au profit des maladies nécessiteux."
"...Nous sommes ici, dans une caserme superbe, situation excellente, chauffage central!!! Douches toutes les semaines; derrière la caserme une belle et grande prairie où nous allons nous promener, aussi l'état sanitaire ne laisse-t-il à desirer; la prevue c'est que depuis quinze mois nous n'avons eu qu'un décès sur 250 hommes, c'est en-dessous de la moyenne habituelle... "
"...Mais comme vous le devez savoir l'on
travaille de son métier, nous ne sommes pas traités en ennemis, aussi bien par
le civil que le militaire, en un mot, nous sommes bien vus, je vous assure que
je ne vous mens pas, c'est bien la vérité..."
Qualsiasi commento o giudizio riguardante queste colossali falsità è superfluo! Non si pensa, del resto, che queste note artatamente elaborate abbiano potuto, in qualche modo, influire sull'opinione pubblica del periodo storico considerato oppure abbiano fuorviato o quanto meno mitigato i concetti negativi formatisi con il tempo nei confronti degli invasori austro-germanici.
FRANCESCO MAGGI www.giornaliditrincea.it
DAL 21 MARZO AL 2 GIUGNO 2014
LA MOSTRA DEI GIORNALI DI TRINCEA SARA' VISIBILE AL CASTELLO DI DUINO
IN OCCASIONE DELLA MANIFESTAZIONE
Pensavo lo riservassi per la pubblicazione su "La Tradotta del Friuli Venezia Giulia" in occasione della Mostra. Come anteprima comunque va ugualmente bene, ma bisogna anche citare la notizia della Mostra dal 21 marzo al 2 giugno sui Giornali di trincea della Prima Guerra Mondiale.
RispondiEliminaFrancesco